La
“vittima” della nostra prova è questa volta una raffinata bici
pieghevole a pedalata assistita di costruzione austriaca, ricca di caratteristiche innovative e
dalla componentistica di grande qualità: vi presentiamo la VELLO Bike+.
Il telaio a diamante è d’acciaio al CrMo, con un aspetto da mini-bike che trasmette una rassicurante impressione di solidità e abbina la piega del carro posteriore (ormai da tempo non più esclusiva della Brompton) a un’inedita forcella anteriore ripiegabile, mentre per la trazione c’è una motoruota posteriore sistema ZEHUS che per caratteristiche e “filosofia” di impiego ne fa un unicum nel panorama delle biciclette a pedalata assistita.
Il telaio a diamante è d’acciaio al CrMo, con un aspetto da mini-bike che trasmette una rassicurante impressione di solidità e abbina la piega del carro posteriore (ormai da tempo non più esclusiva della Brompton) a un’inedita forcella anteriore ripiegabile, mentre per la trazione c’è una motoruota posteriore sistema ZEHUS che per caratteristiche e “filosofia” di impiego ne fa un unicum nel panorama delle biciclette a pedalata assistita.
La
bici della nostra prova era di un grigio canna di fucile molto
elegante (unico
colore disponibile per questa versione) e sprovvista dei parafanghi, che però sono previsti dal costruttore: un parafango tradizionale aderente alla ruota anteriore e uno sdoppiato posteriore, con una parte fissa posta davanti alla ruota all’interno del carro, che protegge la zona centrale del telaio, e una articolata per non interferire col ribaltamento del carro stesso.
La soluzione, un po’ più complessa di quella per esempio della Ahooga ma probabilmente più protettiva, non è facilissima da descrivere quindi rimandiamo al sito del costruttore: sito VELLO bike
colore disponibile per questa versione) e sprovvista dei parafanghi, che però sono previsti dal costruttore: un parafango tradizionale aderente alla ruota anteriore e uno sdoppiato posteriore, con una parte fissa posta davanti alla ruota all’interno del carro, che protegge la zona centrale del telaio, e una articolata per non interferire col ribaltamento del carro stesso.
La soluzione, un po’ più complessa di quella per esempio della Ahooga ma probabilmente più protettiva, non è facilissima da descrivere quindi rimandiamo al sito del costruttore: sito VELLO bike
Il
telaio è predisposto per il montaggio di un portapacchi proprietario
o
una staffa di carico anteriore (KlickFix o simili) sul cannotto di
sterzo e di un portaborraccia sul tubo inclinato inferiore.
Nell’immagine si nota anche la soluzione inconsueta ma funzionale per i passaggio delle guaine dei cavi: staffe saldate al tubo del telaio nelle quali vengono fatte passare normali fascette serratavi da elettricista; in questo caso c’è solo il tubetto del fluido del freno posteriore e rimane libera la staffa che in altre versioni viene utilizzate per fissare il cavo di comando del cambio.
Nell’immagine si nota anche la soluzione inconsueta ma funzionale per i passaggio delle guaine dei cavi: staffe saldate al tubo del telaio nelle quali vengono fatte passare normali fascette serratavi da elettricista; in questo caso c’è solo il tubetto del fluido del freno posteriore e rimane libera la staffa che in altre versioni viene utilizzate per fissare il cavo di comando del cambio.
IL MANUBRIO
Il
manubrio dritto è largo circa 62 cm e può essere piegato per il
trasporto estraendo le due estremità, fissate da due collarini a
eccentrico.
I
due semimanubri sono trattenuti da un cavetto elastico...
... e
dotati ciascuno di un nottolino che impegna una scanalatura nella
parte centrale fissa, impedendo la rotazione; questo permette anche
una modesta regolazione in larghezza, semplicemente sfilando di un
paio di centimetri i semimanubri prima di fissarli.
Il
sistema è solido e veloce da azionare, ma i due semimanubri una
volta estratti rimangono liberi di penzolare; chi volesse assicurarli
in qualche maniera dovrà arrangiarsi, per esempio utilizzando una
fascetta elastica o di Velcro.
La
parte centrale del manubrio è tenuta da una breve pipa fissa.
Sul
cannotto di sterzo vi è un tradizionale collarino di blocco che però
non permette di abbattere il piantone come sulle altre pieghevoli ma
solo di ruotarlo di 90°, con un innesto dentellato che garantisce il
blocco nelle due posizioni.
Data la possibilità di ridurre l’ingombro estraendo i semimanubri la manovra non appare indispensabile.
Data la possibilità di ridurre l’ingombro estraendo i semimanubri la manovra non appare indispensabile.
Il
morsetto alla base del manubrio è un pezzo di pregiata fattura, con
il logo del costruttore e comprende un piccolo fanale anteriore,
alimentato con una batteria a pastiglia, molto elegante ma di potenza
limitata, quindi utile soprattutto come luce di posizione. Si accende
premendolo leggermente, con la sequenza acceso-lampeggiante-spento.
Lo
stesso tipo di fanalino lo troviamo anche al posteriore, integrato
nel morsetto che blocca il tubo reggisella; in questo caso,
considerata la sensibile inclinazione verso il basso e la marcata
direzionalità della luce generata dal LED, temiamo che la visibilità
della luce non sia proprio ottimale. Per questo e anche per l’uso
di batterie a bottone non ricaricabili, particolarmente “invasive”
per l’ambiente, in attesa che il costruttore pensi a un sistema di
illuminazione un po’ meno “stiloso” ma più pratico e potente,
ci sentiamo di consigliare agli acquirenti della VELLO Bike+ di
aggiungere un paio di fanali ricaricabili, anteriore e soprattutto
posteriore, un po’ più potenti.
LA
FORCELLA ANTERIORE
E
veniamo a una delle peculiarità di questa bici, la forcella
ripiegabile che permette di ridurre la lunghezza senza imporre uno
scomodo smontaggio e rimontaggio della ruota anteriore. La cerniera,
posta nella parte posteriore sotto il cannotto di sterzo, viene
chiusa da due piastre che combaciano e vengono bloccate da una clamp
a sua volta fissata da un manettino a galletto (lo stesso sistema
delle articolazioni della Brompton, per intendersi).
La
tenuta, una volta stretto il galletto, è più che sicura e secondo
il costruttore più che sufficiente a garantire la sicurezza da
aperture indebite (anche perché, data a naturale inclinazione dello
sterzo, la gravità collabora a tenere chiusa la cerniera), ma vuoi
per ragioni “psicologiche”, vuoi perché si tratta effettivamente
di un’articolazione “vitale” (in tutti i sensi!), è stato
aggiunto un robusto spinotto di sicurezza in stile aeronautico,
legato con un cavetto metallico a una piastrina capocorda avvitata al
supporto per la staffa di carico/portapacchi anteriore, così da non
rischiare di perderlo a bici piegata ma anche per ricordarsi di inserirlo in sede prima di partire.
IL
SISTEMA FRENANTE
I
freni sono Shimano a disco ad azionamento idraulico, potentissimi ma
al tempo stesso ben modulabili (solo con qualche “strizzata” più
decisa siamo arrivati al bloccaggio della ruota posteriore). Nelle
due immagini si possono vedere anche lo sgancio rapido della ruota
anteriore (raffinatezza non proprio indispensabile su una
pieghevole), il magnete che serve a tenere chiusa la bici piegata,
sul tubo destro della forcella, e la staffa per il montaggio del
freno V-Brake, di serie su altre versioni di questa bici.
IL CARRO POSTERIORE
Come già detto, è articolato rispetto al telaio, stile Brompton, e per la chiusura si affida a un magnete, con un elemento di elastomero interposto fra attacco e telaio.
Una
curiosità è la posizione della cerniera, davanti all’asse dei
pedali e non dietro come sulla Brompton, il che fa sì che la
distanza tra questo e il perno della ruota posteriore resti invariata
durante la rotazione del carro, rendendo inutile la presenza di un
tendicatena e permettendo, come in questo caso, l’uso di una
trasmissione a cinghia. Data la conformazione del telaio principale,
che non avrebbe lasciato abbastanza spazio per una ruota da 20” (a
meno di ricorrere a un telaio a doppia culla inferiore, come sulla
Ahooga), la cerniera è disposta obliquamente, di modo che la ruota
va a disporsi accanto al telaio; lo si vede chiaramente soprattutto
osservando la bici dal basso.
LA TRASMISSIONE
Come
abbiamo appena accennato, la trasmissione è a cinghia dentata, con
corona da 60 denti e pignone da 19 denti, per uno sviluppo metrico
(distanza percorsa dalla bicicletta con un giro di pedivella) di
quasi 5 m, abbastanza agile per l’impiego in città, grazie anche
all’ausilio del motore, ma molto meno adatto a spunti velocistici e
lunghi percorsi extraurbani (problema che evidentemente non si pone
con le versioni “muscolari” dotate di cambio).
Le pedivelle sono della misura standard di 175 mm.
Le pedivelle sono della misura standard di 175 mm.
La
tensione della cinghia può essere regolata con due tradizionali
registri a vite alle estremità dei due bracci del carro, come sulle
motociclette con trasmissione a catena o sulle bici senza cambio a
deragliatore; il cappellotto nero sul lato destro del mozzo della
ruota cela la presa per l’eventuale ricarica della batteria.
Sul lato sinistro invece spiccano il disco freno posteriore e il ricettacolo per il magnete di chiusura.
LA SELLA
La
bici monta una Selle Royal Viento marcata con il logo Vello con
scarico centrale, molto comoda nonostante l’aspetto sportivo.
Il binario di destra reca impressa la scala graduata per regolare la posizione.
Il binario di destra reca impressa la scala graduata per regolare la posizione.
Il tubo reggisella, invece, non ha la scala graduata per la regolazione di precisione dell’altezza. Di alluminio del diametro di 30,9 mm, è lungo 500 mm; con sovrapprezzo è disponibile da 600 mm, consigliato per persone di statura superiore a 185 cm.
I PEDALI
I
pedali sono Wellgo d’alluminio, pieghevoli e dotati di
catarifrangenti, con sblocco spingendo la parte mobile verso
l’interno.
LE
RUOTE
Le
ruote sono da 20”, con cerchi d’alluminio Exal ZX19 con finitura
nera opaca, entrambi a 32 raggi; questi sono montati incrociati in
seconda all’anteriore e diritti (radiali) al posteriore. Di serie
sono montati pneumatici Schwalbe Marathon Racer da 20x1,50 e camere
d’aria con valvole Schrader.
IL
SISTEMA DI PIEGATURA
Ecco
come si presenta la bici da chiusa
…ed ecco l’inevitabile foto-confronto…
Come
si vede, la differenza non è abissale: massa e dimensioni dichiarate
sono 13,9 kg e 79x57x29 cm; noi abbiamo rilevato 88x62x38 cm, con
qualche minima approssimazione (probabilmente la larghezza dichiarata
è senza pedali), la lunghezza da aperta è 155 cm e il passo 105 cm.
L’altezza massima della sella, con il tubo reggisella standard
estratto fino al limite, è di 95 cm dal suolo.
Questa
la sequenza di piegatura della Vello:
a)
si apre l’articolazione della ruota anteriore allentando il
manettino che blocca la clamp (come sulla Brompton), dopo aver
estratto lo spinotto di sicurezza, che rimane appeso al suo apposito
cordino metallico.
b)
si solleva la bici prendendola per la sella e il manubrio; un piccolo
slancio basta per sganciare il magnete del carro posteriore che si
ribalta verso il davanti mentre la forcella si piega all’indietro.
c)
si fissano tra loro la forcella e il carro posteriore con l’apposito
magnete.
d)
si abbassa il tubo reggisella, che – come sulla Brompton – va a
bloccare il carro posteriore.
e)
dopo aver allentato il collarino, si ruota di 90° il manubrio, lo si
abbassa nel suo tubo telescopico e si estraggono uno o entrambi i
semimanubri che restano penzoloni, appesi al loro richiamo elastico.
Nell’insieme
la manovra non è completamente intuitiva e rispetto ad altre
pieghevoli richiede di farci la mano, soprattutto per far
“incontrare” correttamente forcella e carro piegati, ma non
presenta particolari difficoltà. Forse non è la bici ideale per chi
deve prendere un treno al volo, come può essere una Strida o una
Brompton, ma dopo un minimo di pratica è comunque più agevole di
una Ahooga, una Montague o una Birdy. Il principale ostacolo potrebbe
essere il pedale sinistro, che va disposto con la pedivella rivolta
orizzontalmente verso l’avanti prima di ribaltare il carro
posteriore, per evitare che interferisca con il ribaltamento della
forcella.
Come
per la Ahooga, se si vuole velocizzare la manovra si può lasciare la
ruota anteriore in posizione di marcia, a prezzo però di un
sensibile aumento della lunghezza. Ma piuttosto che perdere il
treno...
TRASPORTO PASSIVO E PARCHEGGIO
Questo
aspetto non è il punto forte della VELLO Bike+; sul sito del costruttore
si mostra come spingerla “a carrellino” tenendo il manubrio
estratto, ma la manovra non è semplicissima e il magnete centrale
potrebbe aprirsi in caso di sollecitazioni un po’ più forti.
Altrimenti, non rimane che sollevarla di peso e trasportarla a mo’
di valigia, in questo caso agevolati dalla comodità di presa sul
tubo superiore del telaio.
Non
è possibile parcheggiare la VELLO Bike+ in “stile Brompton”,
ribaltando il carro posteriore perché questo si ribalta leggermente
obliquo e quindi la bici non resta in equilibrio, per cui si fa
ricorso a un tradizionale cavalletto laterale.
LA MOTORIZZAZIONE
E
veniamo all’originale sistema di motorizzazione ZEHUS, progettato
da una startup italianissima nata nell’ambito del Politecnico di
Milano.
Cuore del sistema è la motoruota posteriore, che contiene il motore elettrico da 250 W di potenza e 20 Nm di coppia massima, l’elettronica di controllo, i sensori e la batteria da 160 Wh e 3000 cicli carica-scarica nominali che è per così dire “avvolta” intorno al motore. Tutto il blocco motore-elettronica-batteria pesa solo 3,2 kg. All’estremità destra del mozzo si trova la presa per la ricarica, celata sotto un cappuccio di gomma. Secondo l’impostazione del sistema ZEHUS, peraltro, la necessità di ricaricare la batteria è piuttosto remota, solo per il primo utilizzo o in caso di lunga inattività (regola d’oro per tutti gli accumulatori, di qualunque genere: mai lasciarli completamente scarichi).
Cuore del sistema è la motoruota posteriore, che contiene il motore elettrico da 250 W di potenza e 20 Nm di coppia massima, l’elettronica di controllo, i sensori e la batteria da 160 Wh e 3000 cicli carica-scarica nominali che è per così dire “avvolta” intorno al motore. Tutto il blocco motore-elettronica-batteria pesa solo 3,2 kg. All’estremità destra del mozzo si trova la presa per la ricarica, celata sotto un cappuccio di gomma. Secondo l’impostazione del sistema ZEHUS, peraltro, la necessità di ricaricare la batteria è piuttosto remota, solo per il primo utilizzo o in caso di lunga inattività (regola d’oro per tutti gli accumulatori, di qualunque genere: mai lasciarli completamente scarichi).
Diversamente
dalle altre bici a pedalata assistita, la VELLO Bike+ richiede un minimo di
apprendistato per poterla sfruttare al meglio. In primo luogo è
necessario uno smartphone su cui scaricare l’applicazione Bitride
(compatibile con Android 4.2.3 e iPhone 4s e successivi) tramite la
quale si controllano tutte le funzioni, quindi bisogna associarlo
alla bici tramite collegamento Bluetooth. Per maggiori dettagli
rimandiamo al sito www.zehus.it
.
Stando alle istruzioni diffuse dal costruttore, la bici è comunque essere utilizzabile anche senza app, quanto meno nelle sue funzionalità di base.
Stando alle istruzioni diffuse dal costruttore, la bici è comunque essere utilizzabile anche senza app, quanto meno nelle sue funzionalità di base.
Per
attivare il motore occorre raggiungere una velocità di circa 8 km/h
e dare tre giri di pedale all’indietro, dopo di che… basta
pedalare. Il motore dispone di sei livelli di assistenza regolabili
tramite app e anche con il più spinto (“Turbo”, impostato di
default) l’assistenza è sempre dolce e graduale. Il ritardo del
motore non è sempre costante; partendo da fermo dopo una sosta di
qualche minuto può servire anche un giro completo di pedali per
avvertire la spinta, mentre dopo una sosta di pochi secondi (per
esempio a un semaforo) l’intervento è quasi istantaneo. Per
“spegnere” il sistema senza smartphone basta coricare la bici su
un fianco o “impennarla” in verticale sulla ruota posteriore.
La
“filosofia progettuale” dello ZEHUS mira allo sfruttamento ideale
dell’energia muscolare ed elettrica, con l’elettronica di
controllo che realizza una sorta di ”vasi comunicanti”: in
pratica quando si pedala con più energia di quella strettamente
necessaria il motore lavora come un generatore, immagazzinando
energia nella batteria, mentre se la resistenza al moto supera la
potenza impressa sui pedali, il processo si inverte e il motore
interviene in aiuto attingendo corrente dalla batteria. Proprio per
questa ragione è impossibile indicare un’autonomia in chilometri,
troppe essendo le variabili in gioco; in condizioni d’uso ideali
l’autonomia (ovvero l’intervallo fra due ricariche) potrebbe
essere infinita, come dichiarato dal costruttore.
Oltre
ad attingere energia… dalle nostre gambe, il sistema ZEHUS sfrutta
il più possibile il recupero di energia, richiamato dalla sigla KERS
(Kinetic Energy Recovery System) resa celebre negli ultimi anni dalla
Formula 1, anch’essa regolabile tramite app: non appena si smette
di pedalare si avverte un leggero rallentamento, che si accentua se
si muovono i pedali all’indietro, come in un freno a contropedale;
il sistema non permette di frenare fino all’arresto, perché perde
progressivamente di efficacia col diminuire della velocità, ma è
molto efficace per mantenere la velocità più o meno costante in
discesa. Su una scala di dimensioni e potenze completamente diversa,
è un po’ la stessa cosa che avviene con la frenatura elettrica a
recupero dei treni… che peraltro esiste da più di un secolo!
Poiché
in bici in genere si è abituati a sfruttare l’inerzia e la ruota
libera, bisogna fare l’abitudine a queste particolarità, ma
bastano davvero pochi metri per capire che con la Vello Bike+
conviene non smettere mai di pedalare e affidarsi alla gestione
elettronica del motore per il bilancio energetico.
SU
STRADA
Una
volta in sella, la VELLO Bike+ conferma la prima impressione e si rivela
estremamente precisa nel seguire le traiettorie, senza che si avverta
nessun accenno di flessione od oscillazione.
Anche l’inevitabile ma leggero sbilanciamento delle masse, con il posteriore gravato dalla motoruota, non si avverte minimamente. Il telaio chiuso e non articolato garantisce una grande robustezza anche su strade molto sconnesse e anche la forcella ribaltabile, grazie al suo doppio sistema di blocco, non deve impensierire nemmeno in caso di guida “aggressiva”.
Anche l’inevitabile ma leggero sbilanciamento delle masse, con il posteriore gravato dalla motoruota, non si avverte minimamente. Il telaio chiuso e non articolato garantisce una grande robustezza anche su strade molto sconnesse e anche la forcella ribaltabile, grazie al suo doppio sistema di blocco, non deve impensierire nemmeno in caso di guida “aggressiva”.
Con
un’impostazione complessivamente non sportiva e la possibilità di
sfruttare il “freno motore” per non prendere troppa velocità in
discesa, il poderoso impianto frenante appare perfino sovrabbondante
rispetto al necessario. Il rapporto di trasmissione corto impedisce
di spingere in velocità, per cui per poter mettere davvero alla
frusta telaio e freni probabilmente occorrerebbe, come per la Ahooga,
provare la versione “muscolare” per poterne apprezzare le doti
velocistiche e di leggerezza (fino agli 8,9 kg dichiarati dal costruttore
per la versione monomarcia Airborne One con telaio in titanio).
CONCLUSIONI
A
chi si rivolge questa bici?
Sicuramente a chi è affascinato dalla tecnologia, a chi ne apprezza lo stile e i raffinati dettagli costruttivi, ma anche al ciclista urbano – pendolare o no – che non ricerca prestazioni spinte ma vuole un mezzo dalla massima semplicità d’uso (“pedala e dimenticati di avere una batteria” potrebbe essere il suo slogan) per muoversi senza fatica e… senza sudare. Con ogni probabilità il sistema si fa apprezzare al suo meglio su percorsi che alternano salite e discese, piuttosto che in una città pianeggiante come Milano, dove le salite più acclivi sono i cavalcavia…
Sicuramente a chi è affascinato dalla tecnologia, a chi ne apprezza lo stile e i raffinati dettagli costruttivi, ma anche al ciclista urbano – pendolare o no – che non ricerca prestazioni spinte ma vuole un mezzo dalla massima semplicità d’uso (“pedala e dimenticati di avere una batteria” potrebbe essere il suo slogan) per muoversi senza fatica e… senza sudare. Con ogni probabilità il sistema si fa apprezzare al suo meglio su percorsi che alternano salite e discese, piuttosto che in una città pianeggiante come Milano, dove le salite più acclivi sono i cavalcavia…
Unica
nota dolente, il prezzo, specie ora che sul mercato si affacciano
proposte (anche pieghevoli), di bassa gamma sì, ma a prezzi
abbondantemente sotto i 1000 euro. I 3299 euro di questa versione non
sono certo pochi e per chi vuole si può spendere ancora di più
optando per il telaio in titanio (700 euro in più e 1 kg in meno) o
per il cambio centrale Schlumpf (499 euro), anche se bisogna comunque
pensare la Vello Bike+ (come qualunque altra bici equipaggiata con il
sistema ZEHUS) non come un’esercitazione tecnologica fine a sé
stessa nè una “semplice” bicicletta dotata di un motore
ausiliario, bensì come un “sistema integrato” e autonomo per lo
sfruttamento ottimale dell’energia elettrica e … delle nostre
gambe. Potrebbe essere la strada del futuro per la mobilità
ciclistica urbana?
Un
ringraziamento agli amici del negozio "La stazione delle
Biciclette" che ci hanno dato in prova questo gioiellino
tecnologico.
Tutte le foto presenti in questo articolo, salvo dove indicato, sono di proprietà di PEO e come tali sono tutelate dalle leggi sul diritto d'autore. E' pertanto vietato qualsiasi utilizzo che non sia stato espressamente autorizzato in forma scritta dall'autore
Dovrei ricevere a breve la bicicletta. Grazie della precisa recensione.
RispondiEliminaThis is the most complete review of this bike that I have yet seen. Yet it is a pity no one ever tests this bike on hills! The 'muscular' Airborne 11 with gears seems more suited to hilly terrain despite the Vello+ having a motor because the motor's battery seems rather small if it is really to help the rider. But it is a very neat and stylish design, very nice particularly without luggage or fenders!
RispondiEliminaSe posso aggiungere 2 informazioni:
RispondiElimina1-E' impossibile affrontare una salita che supera l'8% di pendenza.
2-E' impossibile partire in salita.
In che senso è impossibile partire in salita?
EliminaIn una città con tante salite è inutilizzabile?
In che senso è impossibile partire in salita?
RispondiEliminaIn una città con tante salite è inutilizzabile?